“Il pesce puzza dalla testa”: perché la formazione deve partire dai leader

2025-04-23 08:33

Bruno Vollaro

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“Il pesce puzza dalla testa”: perché la formazione deve partire dai leader

In ogni organizzazione, la testa — ovvero la leadership — è il primo punto da cui si diffondono visione, valori, comportamenti.

C’era una volta un’azienda. Una di quelle in cui, sulla carta, tutto funziona: ottimi prodotti, processi ben rodati, persone competenti e motivate. Eppure qualcosa, nel quotidiano, non tornava. Le riunioni si trascinavano senza decisioni chiare, i progetti rallentavano misteriosamente, il turnover aumentava. Nessuno osava dirlo apertamente, ma si percepiva una tensione sottile, una disconnessione profonda tra quello che si predicava e quello che si praticava.

Finché, durante una sessione di confronto interno, un manager pronunciò una frase semplice ma potente: “Forse il problema non è cosa facciamo, ma come lo stiamo gestendo.” Una verità difficile da digerire, ma impossibile da ignorare. E in quella frase si condensava perfettamente un antico proverbio che non perde mai attualità: “Il pesce puzza dalla testa.”

In ogni organizzazione, la testa — ovvero la leadership — è il primo punto da cui si diffondono visione, valori, comportamenti. Ma è anche da lì che possono propagarsi incoerenze, inefficienze e disfunzioni. I leader non sono solo decisori: sono portatori di cultura, specchi nei quali l’intera azienda si riflette. Se i vertici non sono in ascolto, se non comunicano in modo chiaro, se non si mettono mai in discussione, difficilmente il resto dell’organizzazione potrà farlo.

Eppure, quando si parla di formazione o sviluppo organizzativo, troppo spesso l’attenzione si concentra sulla base o sul middle management. Si lavora su soft skills, dinamiche di team, time management. Tutto utile, certo. Ma se la testa resta immobile, il corpo non può andare lontano.

Investire sulla crescita dei leader — attraverso percorsi strutturati di formazione o executive coaching — non è un lusso, ma una necessità strategica. Non si tratta solo di migliorare competenze individuali, ma di generare un effetto domino su tutta la cultura aziendale. Un CEO che sa ascoltare crea uno spazio sicuro anche per gli altri. Un direttore che comunica con chiarezza e coerenza favorisce un ambiente di responsabilità diffusa. Un board che si confronta con umiltà diventa modello di apprendimento continuo.

L’executive coaching, in particolare, offre un’opportunità preziosa: uno spazio riservato dove il leader può riflettere, confrontarsi, mettersi in discussione. È uno specchio professionale, ma anche un terreno di allenamento. Serve a far emergere zone cieche, a rafforzare competenze decisionali e relazionali, ad allineare la direzione strategica con il modo in cui si esercita la leadership quotidiana.

Quando un vertice aziendale sceglie di crescere, manda un messaggio potente all’intera organizzazione: “La trasformazione inizia da me”. E quel messaggio, autentico e coerente, può cambiare profondamente il clima, l’engagement, i risultati.

Perché la cultura di un’azienda non è scritta nei documenti ufficiali. Vive nelle scelte quotidiane, nei comportamenti informali, nei modelli che le persone vedono e seguono. E questi modelli, nel bene o nel male, vengono sempre dall’alto.

In fondo, il detto lo conosciamo tutti: il pesce puzza dalla testa. Ma vale anche il contrario. È dalla testa che si può iniziare a respirare. È lì che si accende — o si spegne — la scintilla del cambiamento.

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